|
|
La tartaruga rossa è un capolavoro, un film puro che analizza, mediante l'alternanza di sogno e realtà, il significato dell'esistenza. Il protagonista, quando arriva sull'isola, conosce un solo tipo di società e fa di tutto per tornarvi; in un primo momento è disposto anche ad uccidere una creatura tanto nobile e bella come la tartaruga, salvo poi pentirsene e cercare di rimediare "prendendosi cura" della carcassa. La causa del pentimento è ricercabile nel maggior tempo trascorso sull'isola, nella natura, lontano dagli altri uomini (anche la scelta di non far "colonizzare" l'isola all'uomo è degna di nota: in un primo momento può significare la pura volontà di andar via, poi comincia a delinearsi l'intenzione di divenire parte integrante del luogo che lo ospita). L'evoluzione della micro-società si ha con la trasformazione della tartaruga in ragazza: vi è un intreccio tra la vita di lei che muta a contatto con l'uomo e quella di lui che oscilla tra i ricordi di una vita ormai passata e il futuro, non ancora pienamente accettato dalla sua mente, sull'isola deserta. Per quanto riguarda il protagonosta, quindi, da una parte abbiamo il crescente riconoscimento dell'animale come simile, dall'altra il risveglio di sentimenti di rispetto e identificazione in un altro essere umano. La nascita del bambino porta la parte umana dell'isola a fondersi totalmente con la parte animale: lui è figlio dell'uomo e figlio della natura e lo si comprende a pieno nella scena in cui cade in acqua e subito prende contatto con l'oceano e con le tartarughe che lo riconoscono e aiutano. I cambiamenti climatici inoltre non fanno altro che simboleggiare la quotidianità della vita, l'alternanza tra bello e brutto, tra momenti piacevoli vissuti con i propri cari e momenti brutti in cui spesso ci si trova soli (come durante la tempesta in cui ognuno finisce in un punto diverso dell'isola) ma alla fine si viene sempre salvati dagli altri. Il grande concetto sociale non ha uno svolgimento lineare ma ciclico poiché il ragazzo, incuriosito da oggetti estranei come la bottiglia e dai racconti del padre, decide di partire per divenire parte di un mondo diverso, proprio dei suoi avi. Infine, con la morte di lui, lei torna all'unica società che le e rimasta: le tartarughe, la natura, l'isola e da quest'ultima viene nuovamente inghiottita. La scelta di fare un cartone muto, caratterizzato da null'altro che suoni, ci avvicina ancora di più alla semplicità e bellezza della parabola che ci parla per immagini e sentimenti. I colori giocano un ruolo essenziale, essendo tra loro così variegati: la prima metà del film è interamente grigia, solo la tartaruga (il futuro, la speranza) era dotata di colore; nella seconda metà si alternano colori sgargianti dei momenti di gioia a quelli più cupi (ma sempre presenti a simboleggiare l'effettiva esistenza) degli attimi di difficoltà per poi sfumare lentamente nel grigio dei capelli di lei, un tempo di un rosso tanto intenso. Menzione particolare la meritano gli onnipresenti granchietti, piccoli isolani perfettamente in grado di adattarsi a qualsiasi situazione e forma di vita, non aiutano e non ostacolano ma accompagnano. Peccato solo per la compagnia in sala: in quanto cartone era pieno di bambini che ovviamente non hanno affatto apprezzato il film ma, sfortunatamente, più volte rovinato l'atmosfera magica
|
|