Mi ha colpita che alla fine non si parli tanto del dominio maschile sulla donna ma dell'incapacità di certi uomini di uscire dalle logiche patriarcali. Non sappiamo le motivazioni di tutti gli uomini che sono lì e la filosofia del creatore e una frase dell'ultimo arrivato suggerirebbero che la maggior parte lo fa per egoismo personale, ma il protagonista no. Lui ama sinceramente la compagna e pensa sinceramente di averle regalato una vita migliore. Di sacrificarsi quando "va a lavorare" sì per essere felice lui, ma sopratutto per far felice lei. Gli sfugge completamente il punto per cui lei nella sua vita magari non era "felice" nel senso di "spensierata" ma lo era in quello di "consapevolmente soddisfatta e realizzata". Questa idea che ha lui che "debba prendersi cura di lei" e che lo faccia "per il suo bene" (e il film non dà modo di dubitare che lui sia sincero in questo), togliendole però la possibilità di scelta, è nuova in questo tipo di distopie e nelle narrazioni più comuni del dominio maschile sulle donne (intendo nei film, non nelle discussioni filosofiche in cui è invece molto affermato e discusso). E mi ha convinta, l'ho trovato un inquadramento particolare della vicenda e del problema.

L'interrogativo invece che mi è rimasto è sul ruolo della moglie del creatore: quanto sapeva? Cosa accettava? Quali erano i suoi obiettivi? Cosa farà con la creazione del marito? Avrei voluto che quel filone fosse sviluppato leggermente di più o non fosse mai stato aperto. Così mi ha lasciata semplicemente più confusa.